
«Ben voi lo sapete, o Signore, quale sia lo scopo che io mi son prefisso nello scriver quest’opera, quello, e non altro di rendere vi è maggiormente palese agli uomoni il pregio, e la grandezza dell’adorabile vostra Persona, e di svolgere i grandi, e stupendi misteri nuovi, o antichi, che riguardan, Voi solo Dio, e uomo, di cui le Divine Scritture rendono testimonianza […]» (APUG 1822, Al Messia Gesù Cristo Figliulo di Dio, Figliuolo della Santissima Vergine Maria Figliuolo di Davide Figliuolo di Abramo Signore).Il gesuita spagnolo Manuel Lacunza y Díaz (Santiago, 1731- Imola, 1801), nella dedica sopra citata così riassume l’obiettivo della sua opera, La Venida del Mesias en gloria y majestad, uscita con lo pseudonimo di Juan Josafat Ben Ezra in tre tomi, il primo terminato nel 1784, il secondo nel 1788 e il terzo nel 1790.
Il padre Lacunza continua descrivendo le «tre classi di persone» alle quali è indirizzata: in primo luogo ai sacerdoti, per esortarli a «scuoter la polvere dalle Sacre Bibbie, invitandoli, e provocandoli ad un nuovo studio, e scrutinio, ad una nuova meditazione de’ Libri santi […]»; in secondo luogo, a tutti coloro che «veggo correre precipitosamente per latam portam, et spatiosam viam, che conduce all’orribile abisso dell’incredulità, […], e questo per l’ignoranza delle Divine Scritture […]»; infine, ai Giudei per «somministrare qualche maggior lume, e più efficace rimedio […])».
L’argomento principale dell’opera si evince, dunque, dallo stesso titolo: il secondo ritorno di Cristo in terra. In altre parole, si tratta della cosiddetta profezia non avverata, ovvero la parusia annunciata nell’Apocalisse di San Giovanni, della quale l’autore fornisce un’audace interpretazione. In Lacunza, la dimensione chiaramente millenaristica si esprime in forma moderata. Si parla, infatti, di “millenarismo mitigato”, intendendo con il termine millenarismo (dal greco «chilioi») il complesso di dottrine che sostengono l’attesa di un regno millenario di Cristo sulla terra che dovrebbe precedere il giudizio finale.
L’argomento principale dell’opera si evince, dunque, dallo stesso titolo: il secondo ritorno di Cristo in terra. In altre parole, si tratta della cosiddetta profezia non avverata, ovvero la parusia annunciata nell’Apocalisse di San Giovanni, della quale l’autore fornisce un’audace interpretazione. In Lacunza, la dimensione chiaramente millenaristica si esprime in forma moderata. Si parla, infatti, di “millenarismo mitigato”, intendendo con il termine millenarismo (dal greco «chilioi») il complesso di dottrine che sostengono l’attesa di un regno millenario di Cristo sulla terra che dovrebbe precedere il giudizio finale.
Lacunza matura questa forma di millenarismo durante l’esilio italiano seguito alla cacciata dei gesuiti dai domini spagnoli (1767). D’altra parte, Imola dove il gesuita soggiorna circa dal 1769, era diventato uno dei centri più attivi del settore tradizionalista e conservatore della disciolta Compagnia e, quindi, un ambiente favorevole per la diffusione di questo genere letterario.
L’opera di Lacunza riscuote grande fortuna a livello popolare, mentre in ambiente ecclesiastico viene accolta con diffidenza e sospetto. Si legge in una Breve notizia dell’opera di D. Manuele lacunza in cui si tratta della seconda venuta di nostro Sig.e Giesù Cristo in gloria, e maestà, ritrovata in testa al codice APUG 1822: «Primo di tutto riconosce, e confessa il pio autore Lacunza esser stata sempre sospettosa ogni novità, trattandosi di esposizione dei sacri Libri; e per cio appunto non doversi accettare, se non dopo la più pridente e sabia considerazione. Cio nonostante, dice, il solo titulo di novità non è motivo sufficiente per sprezzare una accordevole espiegazione delle sacre pagine. […]».
Nel 1812 l’Inquisizione spagnola di Cadice ne prioibisce la ristampa. Malgrado il divieto, l’opera viene pubblicata sia a Londra (1816), per essere venduta in America latina, che in Messico. Per questo, il 6 settembre 1824, il Sant’Uffizio ribadisce il divieto di stampa, con la specifica che l’opera non poteva essere pubblicata in nessuna lingua. Nel 1827, però, il predicatore presbiteriano Edward Erwing la traduce in inglese con il titolo The coming of Messiah in glory and majesty.
L’Archivio storico della PUG ne conserva tre versioni, due in latino e una in italiano.
Le versioni in latino appartengono al Fondo Curia. Si tratta di sei codici e, precisamente i mss FC 1735A, 1735B e 1735, e i mss 1818A, 1818B e 1818C, datati 1816 e 1789 provenienti dalla Casa del noviziato di Roma –Domus Probationis Romanae Societatis Jesu-.
La versione in italiano, invece, appartiene al Fondo APUG. I codici sono i tre APUG 1822, 1823 e 1824 che provengono dalla Biblioteca dell’Università. Scritti su carta azzurrina, risalgono presumibilmente ai primi decenni dell’Ottocento. In testa a ciascuno di essi, è presente un indice sicuramente di mano posteriore alla loro redazione.
Nel complesso, i manoscritti presentano caratteristiche codicologiche comuni, sia a livello di descrizione esterna che interna. La stesura del testo è per lo più di bella copia, di scrittura sciolta e nitida. Molte correzioni interlineari appaiono fatte con lo stesso inchiostro della stesura di base, e in più d’un caso, anche quando non si tratti di correzioni di seguito, rappresentano interventi immediati o quasi immediati.
Lo stato di conservazione è sostanzialmente buono, eccetto nel caso dei tre mss FC 1818A-C, particolarmente danneggiati dai tarli e dall’umidità.
A questi manoscritti, se ne aggiunge un altro: il ms 320 del Fondo Curia. Il codice contiene un Exstracto de la Obra intitulada La venida del Messia en gloria, y magestad escrita Por D.n Manuel Lacunza Sacerdote Ex-Jesuita, bazo el supuesto nombre de Juan Josaphat Ben-Ezra dirigida al Sacerdote Cristophilo Atico Romano.
Per una descrizione dettagliata dei mss si rimanda al catalogo MANUS on line.