Tra le attività proposte durante il tirocinio svolto presso l’APUG vi è stato un lavoro di identificazione e censimento dei manoscritti del XVI secolo del Fondo Curia, attraverso il quale abbiamo potuto avere una visione più chiara della consistenza del fondo per quel che riguarda il primo secolo di attività del Collegio Romano.
Ovviamente, qualsiasi lavoro di rilevazione statistica, quale può essere considerato un censimento, richiede una delimitazione del campo d’indagine e scelte di metodo alle quali ci si deve attenere per raggiungere dei risultati validi. Nel nostro caso il fattore discriminante nella scelta dei manoscritti è stato di tipo cronologico, cosa che ha reso necessario confrontarsi innanzitutto con il problema della datazione dei codici, prescindendo comunque dal fatto che una descrizione completa dei manoscritti e dunque una loro appropriata datazione si avrà solo a conclusione del lavoro di catalogazione in corso presso l’archivio. Abbiamo seguito quelle che sono le indicazioni della Guida a una descrizione uniforme dei manoscritti e al loro censimento dell’ICCU, tenendo presenti non solo i manoscritti che riportavano un’indicazione di datazione espressa, ma anche quelli che più generalmente potevano essere considerati scritti entro la fine del Cinquecento. Pertanto, dei 2336 manoscritti del Fondo Curia sono stati innanzitutto presi in considerazione quelli che risultavano datati al XVI secolo secondo la descrizione codicologica estesa delle schede presenti su Manus. In più, sono stati controllati quelli che dalle schede dell’inventario topografico risultavano datati sia al Cinquecento che al Seicento, valutando di volta in volta una eventuale anticipazione o posticipazione della datazione, ed escludendo invece quelli datati ai secoli successivi. Infine, sono stati presi in considerazione tutti i manoscritti che non presentavano, né dalle schede su Manus né dal topografico, alcun tipo di datazione.
Per ogni codice abbiamo innanzitutto cercato di individuare un’eventuale data espressa: spesso questa non è collocata all’interno di una vera e propria sottoscrizione del copista, ma piuttosto è indicata nel titolo o anche nei margini. In mancanza di una datazione esplicita abbiamo considerato gli estremi cronologici dell’autore e l’anno di compilazione dell’opera contenuta, eventuali riferimenti presenti all’interno del testo a date, fatti o personaggi noti, ed infine ci siamo basati su una valutazione paleografica. Per quanto riguarda i codici con data stimata abbiamo solitamente fatto riferimento al 1551, data di fondazione del Collegio Romano, come termine post quem a meno che non ci fossero indicazioni che permettessero di ipotizzare una datazione precedente; invece, per il termine ante quem abbiamo ritenuto opportuno includere anche codici la cui data stimata copriva un arco cronologico che andava oltre il 1599, quindi fino alla prima metà del Seicento.
Seguendo i criteri illustrati sono stati censiti 218 manoscritti del XVI sec., di cui 82 con data espressa e 136 con data stimata. Volendo fare delle considerazioni preliminari sulla distribuzione temporale di questi manoscritti nell’arco del Cinquecento, risulta che l’arco temporale coperto va dal 1544 fino alla fine del secolo, con un netto aumento della concentrazione dei codici dagli anni ’70 in poi. Questo ci permette di affermare che proprio per i primi decenni della storia del Collegio Romano vi sono maggiori lacune: difficile stabilire se durante i primi anni si sia effettivamente prodotto di meno o se proprio quelle carte siano state oggetto di vicende diverse da quelle che hanno portato il resto del materiale a costituire il Fondo Curia. Una visione più chiara del fenomeno si potrà avere solo dopo che sarà stato condotto uno studio simile anche per il resto della documentazione presente negli altri fondi antichi dell’archivio e del Fondo Gesuitico della BNCR. Oltre al dato meramente cronologico per ogni manoscritto sono stati identificati, dove possibile, l’autore o gli autori e le opere contenute; anche in questo caso, per quanto riguarda i codici non catalogati, siamo ricorsi all’ausilio delle schede dell’inventario topografico verificandone sempre la correttezza dei dati con il confronto diretto sul codice. Dal rilevamento dei titoli delle opere è risultato evidente come la maggioranza dei testi conservati siano di materia teologica: tra tutti sono preponderanti i commenti alla Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino e ai testi di Aristotele, seguiti dai commenti alle Sacre Scritture e dagli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola, ma numerosi sono anche i libri di diritto sia canonico che civile, oltre che le prediche e le meditazioni. Inoltre ci sono testimonianze, seppur più sporadiche, delle altre materie trattate e della versatilità degli interessi del Collegio Romano: opere di retorica ed oratoria, di argomento scientifico come trattati di astronomia e di matematica, ed un unico testo classico, le Georgiche di Virgilio. Un’ulteriore conferma della ricchezza del materiale sono i 96 autori identificati, tra i quali 33 hanno svolto il ruolo di professore nell’arco del primo secolo di vita del Collegio Romano. In tutto sono 98 i manoscritti attribuibili ad un preciso professore: tra questi di grande importanza per comprendere meglio l’organizzazione e lo svolgimento dei corsi sono sicuramente i codici nei quali è riportata l’indicazione delle lezioni. Abbiamo, infatti, riscontrato che in 21 manoscritti è presente, nel margine esterno o interno delle carte, una suddivisione in lectiones; questa si presenta solitamente come un’abbreviazione della stessa parola lectio, che può essere accompagnata da un numero progressivo od anche da una data. Dallo studio dei dati relativi ai professori e alle rispettive materie insegnate emerge chiaramente come svolgesse un ruolo sostanziale nei programmi la teologia scolastica, divisa in due corsi distinti, come peraltro già evidenziato dal gran numero di manoscritti presenti della disciplina, infatti ben 20 dei 33 professori censiti insegnano questa materia; altre cattedre ben rappresentate sono anche quella di Sacra Scrittura e di casistica. Per quanto riguarda il triennio di filosofia, sappiamo che i corsi di metafisica, fisica e logica erano strettamente collegati, tant’è che ritroviamo quasi sempre gli stessi professori che ricoprivano ciclicamente tutte e tre le cattedre, ma per queste discipline i riscontri sono più discontinui. L’assenza nel corpus di manoscritti dei testi di professori di matematica e astronomia deriva dal fatto che la maggior parte dei codici di queste materie sono conservati nel Fondo APUG, come mancano anche i testi per l’insegnamento di lingua greca ed ebraica.
Sul piano materiale, i codici presi in considerazione sono sostanzialmente prodotti modesti: non manoscritti di lusso o cosiddetti di dedica, ma piuttosto codici realizzati per l’uso personale o comunque per la circolazione in un ambiente circoscritto. Non c’è, ad esempio, particolare cura per il tipo di legatura utilizzata: dove si è conservata quella originale, si può osservare come sia solitamente costituita da una coperta in pergamena floscia o da assi in cartone. Non meraviglia, quindi, che per codici di uso quotidiano o quasi, dove il testo è spesso sovraccaricato da note e correzioni, siano pochi quelli dotati di un apparato decorativo. Infatti, solo in 9 manoscritti abbiamo rilevato la presenza di iniziali a penna, di frontespizi decorati a mano che si rifanno alla coeva produzione a stampa e di illustrazioni che hanno la funzione di abbellire il manoscritto: in questo senso elementi grafici quali i disegni geometrici presenti a volte nei margini del testo non sono stati ritenuti significativi, in quanto la loro funzione è esclusivamente di corredo al testo e non è legata a intenti decorativi.
(Federica D’uonno, Cristina Lezzi)