Gregorian Archives Texts Editing (GATE), una opportunità


GATE è una piattaforma per l’analisi dei documenti. Per documento intendiamo qui una produzione discorsiva contestualizzata. La fonte, come ogni operazione comunicativa, dipende da certe regole che costituiscono l’ordine del discorso. Per tanto, le fonti rimandano a una determinata società la quale possiede un regime di ciò che è visibile e di ciò che è comunicabile. Questo suppone munirsi di una teoria delle distinzioni che ci permetta di leggere la fonte collocandola nel sistema sociale nel quale è stata prodotta.

Logo del portale Gate. Porta della chiesa di Sant’Ignazio a Roma, esistente nel Fondo Grassi dell’APUG.

La dimensione collaborativa che presuppone la piattaforma GATE trova le sue radici nella convinzione che i saperi si creano a partire dalla condivisione, in uno spazio di autonomia e libertà. Per la transdisciplinarietà non esiste un solo punto di vista (disciplina) ma molteplici visioni di uno stesso oggetto di studio. La tecnologia potrebbe oggi prendere le mosse da questa dimensione collaborativa. Spesso, però, la rete, che sembrerebbe il mito di molte organizzazioni, vieta o, quanto meno, è concepita per controllare le disseminazioni, le possibili e infinite biforcazioni del pensiero, dove precisamente si genera la conoscenza. La censura ha saputo, lungo la storia, gettare tante reti.

Normalmente la rete è presentata e utilizzata come uno spazio di consumo; non pensiamo solo ai consumatori cooptati dal marketing ma anche dalla fruizione che  si fa dei dati (siano essi tratti da un catalogo di biblioteca o da un motore di ricerca come Google).  Il World Wide Web, che è apparso nel dominio pubblico a partire dal 30 aprile del 1993, fu concepito nel 1989 da un gruppo di ricercatori del CERN di Ginevra. Lo scopo della costituzione di una tale rete era avere uno spazio affinché informatici, fisici, biologi, e altri scienziati potessero arricchire i propri saperi con la pratica della controversia. Con la crescente automazione generalizzata dei dati questo obiettivo si è reso utopico. Infatti, secondo la regola del 1% gli utenti del web autori di nuovi contenuti, sarebbero rappresentati solamente da una minima percentuale, la maggior parte guarda e prende, cioè consuma.

Una skholè

GATE invece si propone come uno spazio di ricerca collaborativa privilegiando il patrimonio conservato in APUG.  Tra gli obiettivi, c’è l’individuazione dei processi evolutivi dei saperi nella modernità. In questo modo, GATE pretende di contribuire, attraverso una lettura storicizzata della società della prima modernità, a una descrizione adeguata della società contemporanea. La comprensione della nostra società inizia dal rilevamento delle differenze che si possono stabilire con i tempi passati e con il modo in cui essa si è sviluppata da strutture precedenti. A partire da queste differenze potranno comprendersi le opportunità della nostra società, la sua struttura, i suoi pericoli e le sue minacce.

GATE, in qualche modo si riallaccia al concetto di skholè che indica ozio, svago, in quanto temporalità libera e non finalizzata alla produzione né all’utilità ma alla pratica dello studio per se stesso.  L’indagine, fatta in questo modo, apre quell’altro tempo, dove si realizza l’anàmnesis per la quale il sapere non è attribuibile a una individualità ma a un patrimonio concettuale, a partire dal quale si genera la conoscenza [Menone, 85b-86d]. Questa piattaforma presuppone, inoltre, uno spazio accademico così come lo tracciava Immanuel Kant nel Conflitto delle facoltà (1798). Kant prevedeva, oltre all’università, le accademie ove i dilettanti nei loro laboratori (accademie) si occupassero, per il semplice piacere di farlo, dell’ampliamento e diffusione del sapere, senza ubbidire a regole o norme pubbliche.

In questa pagina, Collaborate with us, potete vedere i progetti e i nominativi dei ricercatori che stanno collaborando attivamente con noi.

Pagina della piattaforma GATE: Collaborate with us.

User profile

Da questo consegue che l’utente di GATE non sia principalmente un consumatore che si aggira nella rete ma un amatore (amateur), un collaboratore. L’amateur cerca di gettare sulle cose uno sguardo non gregario, fa uno sforzo per osservare ciò che è stato osservato da altri, non è un semplice consumatore di immagini, è disposto a confrontarsi con la complessità di un testo. L’amateur che si avvicina alla piattaforma GATE non solo è curioso ma vuole esercitare una particolare attenzione, in essa trova il motivo e il gusto di ciò che fa come dilettante.

The Dilettanti Society in Rome. Augusto Daini (1860-1920)

Da qualche anno biblioteche e archivi stanno promuovendo grandi campagne di digitalizzazione con il preteso obiettivo di portare il patrimonio bibliografico e archivistico a una comunità di utenti del web il più ampia possibile. Spesso però questi costosi investimenti rischiano di non produrre conoscenza all’interno di una comunità di ricercatori rimanendo nella maggior parte dei casi magnifiche gallerie di immagini. Nel caso dell’APUG, oltre a soddisfare eventuali richieste di riproduzione digitale per i ricercatori, le campagne di digitalizzazione sono concepite come un primo passo per rendere fruibile i documenti. L’immagine digitale deve essere sempre concepita come una fase all’interno di un programma di conservazione e in nessun caso può essere un motivo per disattendere la cura materiale dei documenti. 

Diffondere non divulgare

Il nostro obiettivo non è la divulgazione di conoscenze, cerchiamo invece di diffondere e disseminare ricerche complesse. Vogliamo, innanzitutto, intraprendere analisi che siano capaci di affrontare la complessità della documentazione che conserviamo, esercizio che ci prepara a fare i conti con la complessità della società in cui viviamo. Spesso, il prezzo di una ingenua semplificazione, in vista di una divulgazione destinata a garantire la presunta partecipazione di un “pubblico più ampio”, non permette la fruizione di oggetti complessi. In questi giorni di emergenza sanitaria, sembra che tornino, con inusitata forza, gli apparenti pregi della digitalizzazione di massa. L’immagine digitale crea una specie di illusione di possesso che spesso svanisce come un miraggio, non arrivando a generare alcuna concettualizzazione. Sovente questa smania per il digitale è il primo passo per la trascuratezza della materialità che costituisce la forma discorsiva del documento. Affinché l’immagine digitale, che non può sostituire in nessun caso l’originale, serva a produrre conoscenza è necessario che sia accompagnata da metadati, da trascrizioni e annotazioni, da distinzioni, in definitiva, che sia sottoposta a una molteplicità di osservazioni. Al collaboratore (amateur) di GATE gli si dà così l’opportunità sia di attingere a dei contenuti ma soprattutto di crearli, di completarli e di discuterli, superando la miseria simbolica di esprimersi con un like o con una faccina di occasione.

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