
Codice FC 1055 



Il prossimo 18 maggio avremo occasione di riflettere sulla funzione della spiritualità e della religione nella nostra società. Abbiamo organizzato una mostra con alcuni manoscritti del fondo Varia Spiritualia. Chi desidera può scriversi a questo link.
P. Ignacio Iparraguirre Aldaondo SJ (1911-1973) intento a leggere un resto di scrittura difficilmente visibile nel dorso del codice FC 1055 scrisse: In dorso posteriori pergamenae, aliqua verba sunt quae legi non possunt, nam atramentum fere evanuit et tantum remanent obscurissima signa1.
Questo antico codice un po’ per caso e grazie a una donazione, che ci ha permesso di fare la sua diagnosi e restauro, è tornato alla luce. Con il codice FC 1000, anch’esso recentemente restaurato, ed altri simili, abbiamo iniziato a interrogarci sulla funzione di questi antichi testimoni2. Il suo autore, probabilmente P. Girolamo Benci (1561-1608), registra brani di altri manoscritti, legge, estrae, pratica l’antico ars excerpendi. La profonda quiete in cui questi codici riposano, nel buio dell’archivio, indica che quell’insieme di appunti, frutto di un lavorio quotidiano e arrivati a noi per una ignota volontà conservatrice, sono diventati invisibili. Non appaiono più nell’orizzonte di senso. Malgrado la loro materialità sono totalmente evanescenti, come il loro inchiostro, o meglio, sono spettrali. Non solo non sono più chiamati, come un tempo, a rappresentare l’origine dell’ordine gesuitico ma anche per lo storico sono diventati obscurissima signa. Sono sospesi in una specie di limbo: non sono né semiofori, vale a dire rappresentanti dell’invisibile e portatori di significato, né utili.
La materia di per sé è muta. La materia non comunica, non contiene nessuna informazione. La datità (Gegebenheit) affinché produca informazione necessita di un osservatore che la interroghi a partire da determinate distinzioni.
In occasione di una presentazione del libro Les mots e les choses (1966), Michel Foucault, dialogando con Pierre Dumayet, ha voluto stabilire una possibile chiave di lettura per entrare nella complessità di un testo. La sua intenzione era posizionarsi come etnologo della propria cultura occidentale, diventare uno straniero per sé stesso. Solo così, affermava, si possono riconoscere le categorie del sapere. La sfida per lui era contemplare l’Europa della modernità incipiente, allo stesso modo in cui un etnologo studia i Nambikwara del Brasile o gli Arapesh della Nuova Guinea.
Spinto da una domanda di Dumayet su chi sarebbe l'”etnologo ideale” per i nostri tempi, Foucault considerava che il “miglior” etnologo della nostra cultura non sarebbe necessariamente un nambikwara, un arapesh, per il semplice motivo di appartenere ad una di queste culture, ma chi fosse capace di estraniarsi dalle proprie categorie del sapere. Un percorso equivalente fu quello intrapreso dal “giovane” Michel de Certeau quando alcuni “spirituali” gesuiti del Seicento divennero per lui il suo oggetto di studio. Dal pensarli “identici” e accomunati a una stessa identità gesuita, passò a considerarli, come abitanti di un continente sconosciuto, a considerarli dei “selvaggi” di cui non possedeva la grammatica.
Per questi autori, stabilire questa lontananza era la condizione fondamentale per poter lavorare con quelle tracce e con quegli oggetti che ci arrivano da un determinato passato.
La familiarità è un modo di ridurre la complessità, crea aspettative di continuità, rimanda le cose (e le persone) a un mondo conosciuto. Conosciamo a partire da ciò che è conosciuto. Dalla altra parte della familiarità, nel no familiare, si trovano gli oscurissima signa. Questi manoscritti, resti di un passato che non ci appartiene, ci rimandano al modo contingente di stare al mondo, per il quale le cose non sono date ontologicamente ma sempre legate a una attribuzione, la quale può essere sempre diversa.
Solo per questo motivo vale la pena salvare questi oggetti dall’oblio e a partire da essi intraprendere nuove strade di ricerca. Loro ci ricordano che dire “mondo” è dire “mondo interpretato”3.
Note
- Monumenta Ignatiana. Series secunda: Exercitia spiritualia Sancti Ignatii de Loyola et eorum directoria v II, p. 57. ↩︎
- Qui il progetto Varia Spiritualia nel portale GATE ↩︎
- L’espressione “mondo interpretato” (gedeuteten Welt) ricorre nella prima Elegia duinese di R. M. Rilke. ↩︎
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