Apostolica sedes vacans


Lo smarrimento che traspare nella lettera di San Roberto Bellarmino a un suo compagno, P. Carminata, in occasione del conclave di maggio del 1605, non trova corrispondenza alcuna con l’agitata curiosità che alleggia nell’attuale periodo di sede vacante. La lettera si trova tra le quasi tremila lettere pubblicate nella nostra piattaforma GATE .

Dopo il brevissimo papato di Leone XI, appena ventisette giorni, Bellarmino deve rinchiudersi nuovamente in conclave. Il defunto Alessandro de’ Medici, secondo il testo della lettera, appariva assai buono e amico della Compagnia. Ancora una volta il cardinale gesuita si rende testimone degli insondabili disegni divini, delle lotte delle fazioni cardinalizie che in parte rispondono alle volontà dei monarchi. Ma soprattutto, ai suoi occhi si presenta la scarsità dei membri del drappello di cardinali che lo spingerà a votare il “meno indegno”. Tra i più votati c’era Domenico Toschi che nel suo dialetto reggiano era solito intercalare, secondo il dire del cardinale Baronio, parole scurrili non degne del suo stato. Finalmente la scelta ricadde su Paolo V Borghese. Se Carminata aveva individuato nel Bellarmino il candidato ideale per il papato, il cardinale stesso non vede in sé nulla che gli permetta di aspirare a tale incarico. Paradossalmente questa cecità lo renderà ancora più degno: in quel mondo gerarchico chi si abbassa s’inalza.

Malgrado l’ottusa insistenza di certe teorie storiografiche intente a costruire, con la loro finzione, personaggi e situazioni che risultino analoghi e contigui a noi, certi documenti di archivio potrebbero essere adoperati per realizzare un’operazione di segno opposto. Questo sarebbe possibile se invece di mantenere l’ambigua opacità del termine storia che cela sia la disciplina che porta quel nome, che il suo oggetto di studio (la storia in quanto passato), si stabilisse una distinzione tra il reale e il suo discorso. O meglio ancora se l’interesse per l’accaduto lo si spostasse a come si narra ciò che è accaduto. Questa è la cifra per cercare di capire con quali distinzioni nella prima modernità si costruiva il mondo. La differenza tra quello sguardo costruttivo potrebbe tipificare meglio il nostro.


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