Da una relazione del P. Alfonso Agazzari (1547-1602) è possibile seguire le vicende del culto privato reso a Ignazio di Loyola prima della sua beatificazione e posteriore canonizzazione. Il racconto ricorda quel 31 luglio del 1599 quando il cardinale Roberto Bellarmino si recò alla Residenza del Gesù per tenere una esortazione domestica in memoria della morte del Fondatore.
Prima delle ore 14 di quel giorno – cioè intorno alle 10 del mattino – i due cardinali si presentarono alla porta di casa. Ma il cardinale Baronio volle prima essere condotto in chiesa per fare “un poco di orazione”. Appena entrato nel tempio farnesiano, racconta padre Alfonso Agazzari (che li accompagnava), «si diresse subito verso il sepolcro del nostro beato Padre, e Bellarmino lo seguì. Entrambi si inginocchiarono lì e rimasero a lungo in preghiera; e al momento di rialzarsi, il cardinale Baronio si prostrò a terra e baciò la lastra tombale. Poi, fatta una riverenza al Santissimo Sacramento, tornarono a casa».
Questo accadeva mentre in chiesa c’era molta gente, uomini e donne, che videro tutto. Alcuni, per imitazione, andarono subito dopo a fare lo stesso; e alcuni forestieri gettarono fiori sulla sepoltura. Dopo il pranzo e un breve riposo, tra le 17 e le 18 ore (cioè tra le 13 e le 14), padre Agazzari, Vicepreposito della Casa, andò a prendere i due cardinali per condurli nuovamente in chiesa.
Osservando un’immagine di padre Ignazio, il cardinale si fermò a contemplarla con ammirazione, dicendo che sarebbe stata molto adatta da collocare sopra la sua sepoltura, portando vari esempi per dimostrare che ciò non sarebbe stato sconveniente.
Quindi, rivolgendosi a padre Agazzari, disse: «Padre Vicepreposito, vi chiedo un favore: fate fare a mie spese una bella cornice dorata per questo quadro, e poi collocatelo in chiesa, sopra la tomba di padre Ignazio. Ma attenzione: voglio sostenere io tutte le spese».
Udito ciò, il cardinale Bellarmino replicò che quella spesa spettava a lui, e che sarebbe stato lui a pagarla. Ma il Baronio insistette: «La voglio fare io».
Terminata così questa santa contesa tra quei due luminari del Sacro Collegio, si avviarono insieme al luogo dell’esortazione, dove Bellarmino parlò per più di un’ora, con grande fervore e profondamente a proposito, in lode di sant’Ignazio.
Al termine di quel sermone, i due cardinali si inginocchiarono di nuovo sulla tomba di Ignazio. Il Baronio, chinandosi, tornò a baciare quelle pietre, notando con stupore e dispiacere «che quella sepoltura fosse tanto spoglia e priva di ogni segno visibile di santità». Padre Agazzari gli spiegò che vi era un divieto imposto dal padre Acquaviva: non si potevano affiggere ex voto per grazie ricevute sulla tomba del Servo di Dio.
Quella proibizione parve al cardinale troppo rigida. Fattili mostrare i voti che erano stati conservati in disparte, esclamò: «Sarò io stesso a collocarli sulla tomba; e dite al Padre Generale che l’ho fatto io: sono certo che ne sarà contento». Subito dopo ordinò che gli fosse portata una scala, per poterli sistemare in alto, come in effetti fece.
Chiese poi che gli venisse riportata l’immagine che aveva visto poco prima nella sala, e non volle allontanarsi finché non l’ebbe appesa con le proprie mani sulla sepoltura di sant’Ignazio. Quanto alla cornice, disse che l’avrebbero fatta in seguito.
Infatti, ricevuto in mano il ritratto, fece portare una scala ancora più lunga. Fu motivo di grande stupore per tutti vedere quel buon vecchio, vestito pontificalmente con rocchetto, mantello e mozzetta, salire fino in cima alla scala, portando con sé l’immagine di padre Ignazio e, con le sue stesse mani, collocarla sopra la cornice del sepolcro. E non scese, se non quando gli dissero che l’imagine era ben collocata in mezzo.
Padre Agazzari, timoroso che il Padre Acquaviva potesse rimproverarlo, ne parlò al cardinale Baronio, il quale lo rassicurò dicendo: «Dica al Padre che l’ho fatto io con le mie mani, e lo riferirò anche al Papa, quel che ho fatto qui oggi».
Poi, dopo una breve preghiera, rivolgendosi ai padri e ai fratelli che lo circondavano, disse:
«L’anno prossimo voglio essere avvisato otto giorni prima, e porterò io stesso un tappeto da stendere sulla tomba; e voglio che si faccia una festa solenne e pubblica, con le porte aperte».
Il cardinale Cesare Baronio (1538-1607) non potrà vedere la beatificazione di Ignazio di Loyola (27 luglio 1609) né la sua canonizzazione (12 marzo 1622).
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Grazie ! Felice San Ignazio !
Muchas gracias por todo lo que nos sigue ayudando San Ignacio y los jesuitas en tantos ambitos!