La Compagnia in movimento


Il 17 maggio 1824 papa Leone XII, con il breve Cum multa, ordinò la restituzione alla Compagnia di Gesù del Collegio Romano. Si consegnò al Superiore Generale P. Luigi Fortis detto collegio con la sua biblioteca, insieme alla Chiesa di Sant’Ignazio e l’osservatorio astronomico. Il binomio continuità/discontinuità, per spiegare il divenire storico, anche se non nuovo nella storiografia della Compagnia di Gesù, riapparirà con maggior vigore nel secolo XIX, per affiorare diversamente ancora nella contemporaneità. Lo sforzo dello storico sarà precisamente nascondere ogni segno di rottura. 
La soppressione e restaurazione dell’ordine gesuitico si inscrive in una più ampia trasformazione epocale. A partire del secolo XIX si è verificata una temporalizzazione all’interno del sistema sociale che presenta due caratteristiche fondamentali: una laicizzazione del tempo e un’accelerazione del suo ritmo. Il ritorno dei gesuiti al Collegio Romano, che potrebbe avere il sapore di una rivincita, aprirà fin da subito la strada a nuove sfide e a violenti conflitti.

Dall’entusiasmo che si evince da alcuni documenti dopo la Restaurazione relativi al ritorno dei gesuiti al Collegio Romano, verso la metà del secolo si evince una percezione di una Compagnia di Gesù retrograda
L’aumento di complessità[2] eserciterà una crescente pressione nel mutamento della struttura della società. Se in una società gerarchica, come quella che stava tramontando, il patrimonio concettuale era determinato dall’alto della gerarchia, in un sistema sociale sempre più differenziato non sarà più possibile stabilire valori e concetti, dogmaticamente stabiliti, in modo unitario e senza concorrenza. 
Se nell’ancien régime era possibile individuare nel vertice della gerarchia, nel re e nella sua corte, il luogo ove si realizzava la descrizione correttadel mondo e della società, nelle società repubblicane e democratiche questa descrizione si frammenta e diventa sempre più opaca. A causa di ciò, oltre a una crescente incertezza e a un aumento dell’orizzonte del rischio, si genererà una letteratura della cospirazione che tenderà a ridurre drasticamente ogni complessità. Questa complessità aprì la strada a una evoluzione socio-culturale dove la distinzione liberalismo/dogmatismo saranno alternative per descriverla. Una lettera di Cesare Balbo, al suo cugino il gesuita Luigi Taparelli D’Azeglio, mette in campo un’efficace descrizione del cambiamento di prospettiva:

Io credo che appena restaurati, siete caduti in quell’errore di molti, di vedere intimamente unite le due cause, che, appunto unite furono dette de l’autel et du thrône. Io sono per la monarchia, e Torinese son per Casa Savoia fino alla morte. Ma non credo che l’autel et le thrône abbiano a che fare insieme più che l’autel et la république, ovvero l’autel et les chambres, che no fu detto mai da nessunoE molti troni furono retrogradi nel 1814 ed anni seguenti. Voi protettori o protetti di costoro foste o pareste retrogradi parimenti. E retrogradi continuaste a parere d’allora in poi, e parete. Siete voi tali? Io credo che abbiate torto in essenza. Non siete, e lasciate voi che si creda? Io credo che abbiate torto di lasciarlo credere.[…] Intendo per politica retrograda quella che non concedesse a principi e popoli di approfittare delle legittime occasioni per acquistar l’indipendenza, quella insomma che è contraria alla politica del progresso, de’ giusti desideri del secolo nostro, del liberalismo legale […] o voi muterete la vostra politica, facendovi moderati, liberali come Pio IX, liberali promovitori d’ogni concessione virtuosa, buona, caritatevole, cristiana; ovvero, continuando nella vostra politica vecchia, non solamente continuerete ad esser perseguitati dal secolo, da tutti… ma non gioverete al secolo vostro, come giovò il vostro grande fondatore al suo.[3]

Il resoconto dell’ultimo rettore al Collegio Romano, P. Pietro Ragazzini, della mattina del 20 settembre 1870, rappresenta l’infrangersersi dell’aspettativa profetica. L’attesa di un intervento miracoloso è una nota caratteristica in molti documenti generati all’interno dell’organizzazione ecclesiale dell’epoca. A posto del “miracolo” seguirono le cannonate e poi, secondo la narrazione del Ragazzini, l’irruzione per le strade di Roma della plebaglia, perché l’antico era cessato e il nuovo non era per anche incominciato. Laonde il popolaccio con armi in mano ο rubate ο trovate ove che sia, e con bandiere tricolori scorrazzava per le vie urlando e festeggiando mattamente, e dando addosso a qualche meschinello che fosse veramente ο si credesse un povero zuavo.
La documentazione di questo fondo permette anche di analizzare i modi per gestire la delusione di questa aspettativa e le riconfigurazioni per assorbire la crescente incertezza.

Infranto il sogno dell’universalismo della vecchia Europa, il sistema sociale si evolse verso la differenziazione della società. I diversi sistemi (economia, politica, religione, arte, diritto, ecc.) cercheranno di ridurre la crescente complessità a partire dai propri codici di riferimento. In quel secolo già si insinua quello che si denominerà la crisi delle grandi narrazioni che oggi sembra essere un fenomeno irreversibile.[4] Questo passaggio epocale costrinse la Compagnia di Gesù, restaurata in un contesto sociale nuovo, all’incessante fatica, degna di Sisifo, di interrogarsi sulla propria identità. In questi documenti potranno individuarsi le tracce di questo sforzo.

La maggior parte della biblioteca del Collegio Romano fu confiscata il 20 ottobre 1873 e il nuovo governo stabilì la nuova biblioteca nazionale di Roma Vittorio Emanuele II nello stesso edificio. Il 20 ottobre 1873 il Collegio Romano fu privato della sua sede e trasferito presso il Palazzo Gabrielli-Borromeo (via del Seminario, 120) che verrà acquistato dalla Compagnia nel 1886[5]. Nel 1889 il Collegio Germanico-Ungarico troverà la sua nuova sede a via di S. Andrea di Tolentino, 13 (ex albergo Constanzi).[6] L’Università rimane a via del Seminario fino al 1930, anno in cui venne inaugurata la nuova e attuale sede a Piazza della Pilotta. Nel frattempo, le attività del noviziato furono temporaneamente spostate a Villa Vecchia, a Monte Porzio Catone, ai piedi di Villa Mondragone.


Pio IX con rescritto del 4 dicembre 1873 concesse che il Collegio Romano si chiamasse “Pontificia Università Gregoriana”[7]. Come si attesta in alcuni documenti presenti in archivio la carta intestata reca la dicitura:”Pontificia Università Gregoriana del Collegio Romano”. Questa denominazione si manterrà in uso almeno fino a 1929.

Inondazione di Roma del 28 diciembre de 1870. La Ilustracion Española y americana.

Già dal 1870, come si evince da una lettera dell’allora bibliotecario del Collegio, P. Francesco Saverio Patrizi, emerge il desiderio di intraprendere una azione preventiva per evitare la perdita del patrimonio conservato negli enti ecclesiastici. Sfruttando l’influenza del fratello, il Cardinale Costantino Patrizi Naro, chiese l’autorizzazione papale per spostare dalla Biblioteca in un luogo sicuro “colla maggiore segretezza possibile […] ciò che quivi è di maggiore interesse”[8]. La sua richiesta venne accolta e parte del materiale conservato nella Biblioteca fu trasferito in diverse sedi: tra quelle note possiamo annoverare la villa concessa ai gesuiti dal principe Alessandro Raffaele Torlonia a Castel Gandolfo (via Ercolano)[9], dove essi poterono continuare le attività del noviziato di S. Andrea e la Villa Mondragone a Frascati, dove si era stabilito il Collegio dei Nobili (1865).


La “segretezza” con cui queste movimentazioni furono condotte lascia poca chiarezza su cosa venne effettivamente estratto dalla biblioteca del Collegio[10]. Sappiamo però che una parte dei manoscritti e degli stampati portati a Villa Torlonia venne acquisita dalla Biblioteca Apostolica Vaticana[11], mentre un’altra parte rimase a Castel Gandolfo fino al 1919, quando P. Tacchi Venturi SJ intervenne per riportare questo materiale all’Università Gregoriana, nella sede dell’epoca, a Palazzo Gabrielli-Borromeo. Quest’ultima parte di manoscritti e stampati è quella che andrà a costituire il fondo principale dell’APUG.

In seguito alle leggi eversive lo stato italiano mise in atto la confisca del Collegio Romano con la sua biblioteca. Questo atto diede origine alla Biblioteca Nazionale di Roma. Anche il Museo Kircheriano fu confiscato, ma molti dei libri e dei manoscritti che ne facevano parte erano già stati trasferiti alla biblioteca del Collegio Romano. Alcuni dei manufatti del suo museo sono attualmente in parte conservati al Museo Etnografico Pigorini (Roma) e al Museo Egizio di Torino. Le vicende della biblioteca dopo la morte del D. furono abbastanza movimentate: la vedova, accedendo ai desideri espressi dal marito, con atto di donazione 6 marzo 1855 la cedette alla Compagnia di Gesù, lasciando libertà di scelta sul luogo dove sistemarla ma con condizione, che, in caso di soppressione dell’Ordine, essa dovesse passare all’imperatore d’Austria pro tempore, salvo restituzione in caso di ricostituzione. Nel 1873, in seguito alla legge di soppressione delle corporazioni religiose romane, l’imperatore ordinò al suo inviato a Roma, barone J. A. Hübner, di prenderne possesso e di depositarla nel palazzo dell’ambasciata austriaca, comunicando al generale dei gesuiti la sua intenzione di trasferirla in Austria. Il generale si oppose. Allora l’imperatore stabilì di restituirla all’Ordine, a patto che fosse trasportata in una casa fuori d’Italia. Il generale la fece portare a Vienna nel 1877, dove rimase per quasi cinquant’anni, prima nella casa di piazza dell’Università, e poi nel collegio dei gesuiti. Nel 1920, dopo la caduta dell’Impero asburgico, si decise di ritrasferire la biblioteca Rossiana a Roma, aprendola a tutti gli studiosi: la migliore soluzione parve quella di donarla al papa. Benedetto XV accettò, svolgendo a Vienna i passi necessari al trasferimento, e così, nei primi mesi del 1922, la Rossiana entrò a far parte della Biblioteca apostolica Vaticana, di cui è tuttora una componente importante.

Espulsione dei gesuiti dalla residenza di Sévres, Parigi, Francia. 30 junio 1880. La Ilustracion Española y americana.

Nel 1877, passati quattro anni dalla confisca del Collegio Romano da parte dello Stato italiano, Bartolomeo Podestà, bibliotecario attivo nella nuova Biblioteca Nazionale di Roma, scrive un rapporto al Ministro della Pubblica Istruzione con il catalogo dei manufatti trovati in un ‘nascondiglio’ dalla Giunta liquidatrice poco tempo prima. Interrogato da Podestà rispetto alla natura di questo luogo, l’ultimo rettore del Collegio, P. Vincenzo Cardella SJ, disse di aver avuto notizia di un ‘certo ripostiglio’ in cui gli antichi padri avevano nascosto del materiale prezioso sin dalla prima soppressione. L’informazione però, risulta vaga e poco verosimile e viene smentita da alcune osservazioni dello stesso Podestà, il quale suggerisce la più verosimile ipotesi che i gesuiti avessero cercato di nascondere, nel suddetto ripostiglio, parte del patrimonio della Biblioteca a ridosso della confisca, spinti dall’imminenza e dalla fretta di celare quanto più materiale possibile. La Biblioteca Nazionale selezionò, fra i manufatti trovati in questa stanza, alcuni elementi ritenuti di maggior valore e li aggiunse alle proprie collezioni; quanto invece considerato di minor importanza venne depositato in uno spazio indicato come ‘soffitta’[12] e, nel 1948, venne riconsegnato ai gesuiti ed è oggi conservato in APUG con la segnatura Fondo Curia.

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3 risposte a "La Compagnia in movimento"

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