Il cospicuo numero di manoscritti autografi di Giovanni Giacomo Panici, custoditi presso l’archivio della Pontificia Università Gregoriana e contenenti per lo più trattati inediti, restituisce l’immagine di un uomo dall’ingegno poliedrico e versatile[1]. Nato a Macerata il 18 maggio 1657, Panici è stato docente al Collegio Romano, dove ha insegnato retorica, logica, teologia scolastica, fisica e metafisica nel corso dell’ultimo decennio del XVII.
Nell’ambito della descrizione esterna i quindici autografi di Panici non presentano molti elementi da rilevare. Tutti i manoscritti, che si trovano in buono stato di conservazione, condividono le stesse caratteristiche: coperta in cartone, dorso in pergamena su cui è annotata l’antica segnatura.
Per quanto concerne invece la datazione, sulla base di indicazioni temporali desunte dalle fonti archivistiche e bibliografiche, si è pensato di restringere l’arco cronologico ponendo il 1691 come terminus post quem e il 1725 come terminus ante quem, ad eccezione dei mss. F.C. 1190/1, 1190/2, che presentano invece una data espressa a c. 1r, e del ms F.C. 884. Per quest’ultimo, infatti, si è scelto di circoscrivere la forchetta cronologica dal 1695 al 1709, in considerazione del fatto che il contenuto appare collegabile con l’insegnamento di diritto canonico che Panici svolge in Germania dal 1700 al 1705.
Sul versante delle caratteristiche intrinseche invece si riscontrano dati più eterogenei e interessanti a cominciare dalla disposizione del testo, Panici è solito infatti suddividere la carta di due parti -in tutti i manoscritti è visibile la piegatura centrale delle carte- dove il testo occupa interamente la colonna di sinistra di ciascun foglio, mentre le note e le aggiunte si trovano sulla parte destra.
In merito alla scrittura, molto regolare e minuta nel modulo, non si rileva alcuna peculiarità, eccettuata la tendenza a inarcare l’asta ascendente della “d” verso destra. Panici inoltre adotta sovente il titulus in sostituzione della nasale (m) nell’accusativo singolare e nel genitivo plurale nelle parole in fine riga o nei titoli. Una costante nel modus scribendi di Panici è la sottolineatura delle citazioni, così che esse risultano evidenti al lettore. In questo senso si osserva che gli autori più citati da Panici sono S. Tommaso, S. Agostino e S. Bellarmino, ma l’autore fa riferimento anche agli Atti del Concilio di Trento. Proseguendo nell’analisi si nota ancora che la sottolineatura si estende a quelle parole e sintagmi, che egli ritiene particolarmente pregnanti e importanti all’interno della trattazione.
Analizzando i manoscritti di Panici sul piano dei contenuti è possibile invece ipotizzare che essi costituiscano parte del materiale didattico usato dal gesuita nell’ambito delle sue lezioni presso il Collegio Romano. Tale congettura trova una prima conferma dalla lettura di quanto lo stesso Panici afferma a c. 3r del ms F.C. 1093 in cui si legge:
“Prima erit Physica universalis, quae de corpore naturali in communi, eiusque principis, causis, et ptotpietatibus aget, cum Philosophos in octo libris physicorum. Secunda erit Physica particularis, quia tamen solita anni scholastici angustia dicendorum copiam non capiunt, tanti operis partem in annum sequentem de more reijciemus, satisque erit tradere hoc anno Physica universalem, et libro de Mundo, et caelo, qui primi occurrunt in Physica particulari. Libros etiam Metheorolocos sub finem anni delibabimus, et si per otium licebit, totam materiam metheoroligam ex professo trademus suos in locos commodo distribuita.”
Come si legge dal frammento citato, nel corso dell’anno venivano distribuite delle dispense, in questo senso si è indotti a credere che tali materiali potrebbero essere i fascicoli del manoscritto di Panici, il quale, ricordiamo, presenta anch’esso, come tutti gli altri, la piegatura centrale delle carte e una distribuzione del testo in colonna.
La nostra ipotesi viene ulteriormente corroborata dal ms F.C. 884, il quale presenta nel margine esterno di alcuni fogli cinque annotazioni cronologiche di mano dello stesso Panici (c. 159r: “23. Maij”, c. 167r: “12. Giugno”, c. 207r: “22 Januarij”, c. 215r: “10 Februarij”, c. 247r: “15 Junij”), le quali potrebbero fare riferimento alle date delle lezioni in cui è diviso il testo contenuto.
Infine un ulteriore conferma, seppure in modo indiretto, è data da una nota di altra mano inserita a c. 95r del ms F.C. 879, nella quale si fa riferimento ad una “Sentenza Caetani” che, secondo la Ratio Studiorum del 1651, non veniva insegnata presso il Collegio Romano[2]. Tale nota, oltre a fornire un terminus post quem per la datazione del manoscritto stesso, palesa come, al pari nostro, anche l’anonimo glossatore effettui un collegamento tra il manoscritto di Panici e l’attività di studio del Collegio Romano.
In questo senso un altro elemento da considerare consiste nel fatto che tutti i manoscritti di Panici presentano la medesima struttura interna in controversie, disputazioni e sezioni. Una ripartizione, che si presta molto a dare ordine formale al discorso, che procede così dal generale al particolare: la presentazione generale del tema avviene nella controversia, la disputazione illustra i vari aspetti di un argomento, la sessione fornisce maggiori i dettagli.
Al di là della comune organizzazione testuale, considerando invece i manoscritti di Panici sulla base dei contenuti, è possibile raggrupparli nel seguente modo: sette a carattere teologico, due commentarii ad Aristotele, un manoscritto di diritto canonico e cinque di argomento letterario.
Nei trattati di carattere teologico, che costituiscono il nucleo più consistente di manoscritti, Panici affronta temi quali la giustizia e la fede, intese come virtù teologali, il sacramento dell’Eucaristia, la grazia e il libero arbitrio e il mistero dell’incarnazione divina.
Tra i commentari di Aristotele una particolare menzione merita il ms F.C. 1093, nel quale Panici prende posizione a favore del metodo sperimentale nell’indagine scientifica introdotto da Francis Bacon, che egli considera, a buon diritto, come il responsabile dell’affermazione della nuova metodologia di ricerca scientifica. Nel manoscritto inoltre vengono citate alcune recenti sperimentazioni, come il tubo di Torricelli per la misurazione della pressione atmosferica e la macchina di Boyle, le quali sono corredate da disegni illustrativi ad opera dello stesso Panici.
Infine un discorso a parte meritano i cinque manoscritti custoditi nel fondo APUG, che rivelano invece un carattere più letterario. Si tratta infatti di miscellanee contenenti rispettivamente una selezione di versi di autori latini e moderni, una selezione di tragedie, un trattato di retorica, un breve compendio di storia cristiana, una selezione di epigrammi di autori latini e moderni.
Queste miscellanee, se da una parte rivelano le preferenze culturali di Panici -col nome di Aronte Oileo, Panici era membro dell’Accademia dell’Arcadia, che all’epoca dominava in maniera pressoché assoluta la scena letteraria, dando un forte contributo in direzione di un’unificazione culturale della nostra penisola- dall’altra anche per essi si potrebbe supporre un collegamento con l’insegnamento della retorica che egli tiene al Collegio Romano dal 1690 al 1693. In quest’ottica i manoscritti risulterebbero interessanti per la ricostruzione delle metodologie didattiche in uso presso il Collegio Romano. A tal proposito è bene ricordare come fin dai tempi antichi fosse in uso nella tradizione didattica il ricorso ai testi classici, quali sussidi su cui esercitarsi a scrivere, tanto è vero che Dante stesso riconosceva in Virgilio il suo maestro e il suo autore, colui dal quale egli aveva trattato “lo bello stile” che gli aveva “fatto onore”.
Da quanto è emerso dall’attività di catalogazione, ma soprattutto attraverso un’attenta valutazione dei materiali dell’archivio, spetta agli studiosi il compito di una ricostruzione più accurata delle vicende biografiche e del profilo culturale di Giovanni Giacomo Panici, che restituisca in pieno a questo gesuita colto e schivo -nessuno dei suoi manoscritti infatti è stato editto- il giusto riconoscimento dell’attività didattica da lui svolta al Collegio Romano ancora in larga parte sconosciuta.
[1] Gli autografi di Panici sono F.C. 6, F.C. 101, F.C. 879, F.C. 880, F.C. 884, F.C. 1093, F.C. 1183, F.C. 1190/1, F.C. 1190/2, F.C. 1696, APUG 1171, APUG 1172, APUG 1173, la quarta , la quinta e la settima unità codicologica di APUG 1174 e APUG 1175. Accanto a questi si contano ancora altri due manoscritti, F.C. 307E e F.C. 1524, allestiti rispettivamente dal copista Francesco Meda e dall’auditore Giovanni Carlo Senepa. Per una descrizione completa di essi si veda il catalogo elettronico dell’archivio su Manus on line.
[2] Cfr. Regulae, ratio studiorum, ordinationes, instructiones, Industriae, Exercitia, Directorium, Florentiae, Ex Typographia a SS. Conceptione, 1893, p. 238.