
… belluarum fortissima …
Ogni documento è muto; vive più delle domande che delle risposte che può suscitare. La Roma barocca è piena di testimoni monumentali, maestosi quanto silenziosi. Uno tra questi è il “porcino della Minerva”, così canzonatoriamente battezzato dai romani, per passare poi al più morbido “pulcino della Minerva”. L’elefantino con in groppa un obelisco per bizzarro che possa apparire, resta incomprensibile ai più. Le “fameliche brame di quella curiosità” che accompagnò il ritrovamento dell’obelisco (1665) e la sua interpretazione da parte del gesuita Athanasius Kircher, sembra sia totalmente saziata. Ignari bambini del catechismo della chiesa di Santa Maria sopra Minerva giocano sotto la sua ombra. Musicisti di strada, improvvisati cantanti e turisti frettolosi, si alternano, come greggi senza pastore, sotto lo sguardo malinconico e paziente della nobile bestia. Ormai è invisibile la volontà originaria di papa Alessandro VII di alzare un monumento, nel luogo del ritrovamento dell’obelisco, alla Sapienza Divina.
Si pensa di saper già qualcosa quando si ripete divertiti che le terga dell’animale sono spudoratamente rivolte al palazzo dove si radunavano in certi giorni i cardinali inquisitori. Resta però nell’ombra l’attribuzione della storiella a Lodovico Sergardi (1666-1726). Monsignor Sergardi (mai ordinato sacerdote), fu vicario generale di Sua Santità, direttore della Fabrica di San Pietro e profondo conoscitore della curia romana. Sotto lo pseudonimo di Quinto Settano è stato un feroce sferzatore dei vizi curiali. Nell’elefantino della Minerva trovò una occasione per scaricare la sua satira contro i Kiriaci frates, ossia contro i frati domenicani: “Vertit terga elephas versaque proboscide clamat: ‘Kiriaci frates hic ego vos habeo'”. L’epigramma rispecchierebbe l’opposizione dei domenicani, e forse anche dello stesso Papa, al disegno originale del Bernini. Bernini, ormai fiero del vuoto sul quale aveva sormontato un altro obelisco nella fontana dei Quattro Fiumi (Piazza Navona), aveva previsto che sotto l’animale non ci fosse nessun tipo di sostegno. Questo contradiceva però il testo su cui Alessandro VII si era ispirato: la Hypnerotomachia Poliphili (“Combattimento amoroso di Polifilo in sogno”) di Francesco Colonna. Polifilo descrive la sua visione dell’elefante obeliscoforo il quale ha sotto la sua pancia, per reggere il peso dell’obelisco,
uno quadrangulo correspondente alla crassitudine di lo Obelisco di supernate collocato. Diciò che niuno perpendicolo di pondo, non debi sotto sé havere aire overamente vacuo.
Le xilografie dell’edizione di Aldo Manuzio (1499) che accompagnano il testo aiutano a rinforzare l’opposizione tra la figura dell’elefantino e l’Equus infoelicitatis. Sapienza e Fortuna sono così messi a confronto. La prima stabile e solida, la seconda velleitaria ed effimera. Una coniunctio oppositorum che attraversa tutta la Hypnerotomachia più che un invito a sclegliere tra l’una o l’altra.


Se la rappresentazione della Fortuna indica che tutto gira e cambia, l’elefantino della Hypnerotomachia Poliphili porta alcune lettere Ioniche ed Arabe, le quali così dicevano: fatica e operosità (ΓΟΝΟΣ ΚΑΙ ΕΥΦΥΙΑ).
Il ritrovamento dell’obelisco (1665) nel giardino dei domenicani presso la chiesa di Santa Maria e il progetto berniniano patrocinato da Alessandro VII, furono un’opportunità affinché Athanasius Kircher dimostrasse le sue conoscenze riguardo l’interpretazione dei geroglifici. Il suo confratello, P. Giuseppe Petrucci fu incaricato di fare il disegno delle tre facce dell’obelisco dissoterrato e di inviarlo a Tivoli dove Kircher si trovava, il quale riuscì a ritrarre il quarto lato. Così lo ricorda la stesso Kircher nel racconto della sua vita:
“In verità, poichè egli aveva avuto cura di disegnare tre lati solamente, tralasciando il quarto lato a causa della difficoltà di rotolare l’obelisco, io, completando interamente l’esame dell’obelisco (lode, onore e gloria a Dio!) afferrai a tal segno tutto il concatenamento dei misteri in esso nascosti che non mi rimaneva nascosto nemmeno quel quarto lato ch’era nascosto, e perciò ommesso dal disegnatore.
Autobiografia, A. Kircher
L’archivio conserva abbondante documentazione di Athanasius Kircher riguardo i suoi studi sugli obelischi.
- Abbiamo realizato la digitalizzazione e trascrizione integrale della sua opera Ad Alexandrum VII Pont. Max. Obelisci Aegyptiaci nuper inter Isaei Romani rudera effossi Interpretatio hieroglyphica Athanasii Kircheri e Soc. Iesu. L’opera, dedicata a Alessandro VII, presenta l’interpretazione dell’obelisco portato dall’elefantino della Minerva.
- Dell’obelisco macuteo, oggi nella fontana di piazza del Pantheon e originariamente davanti alla chiesa di S. Macuto, conserviamo un disegno il quale è stato restaurato.
- Conserviamo, inoltre, un disegno dell’obelisco mediceo (oggi nei giardini di Boboli). Restaurato, digitalizzato e tradotte le sue iscrizioni arabiche.
Questi sono i nostri obelischi di carta, tanto importanti quanto quelli di pietra. Così la pensava il cardinale Cesare Facchinetti (1608-1683) perché nella pietra si trova la meraviglia ma gli obelischi di carta di Kircher permettono di sommare alla meraviglia l’intelligenza ed è solo quella che rende più preziosi i marmi dell’antichità:
M.to Rev.do Padre
Lettera del cardinale Cesare Facchinetti a Athanasius Kircher
Rifiorisce l’Egitto con i suoi geroglifici nella carte di V. R. la quale imprigiona mirabilmente in quelle la curiosità umana. Gli occhi poi, e la mente più si tratterranno col volume di lei, che coll’obelisco medesimo, addossato all’elefantino, perché ivi stà solo la meraviglia; ma nell’opera della sua mano sta la meraviglia, e l’intelligenza, quella che rende più preziosi i marmi dell’antichità. Io che ne ho arricchita la mia libreria, mi chiamo altamente obbligato al dono, e ridono tutto me stesso a lei, della quale sarò sin che vivo.
Per non rimanere ciechi innanzi al monumento abbiamo bisogno dell’intelligenza. C’è necessità di una mente robusta per guardare il mondo, come lo ricorda una delle targhe al piede del monumento della Minerva:
Sapientis Aegypti/ insculptas obelisco figuras/ ab elephanto/ belluarum fortissima/ gestari quisquis hic vides/ documentum intellige/ robustae mentis esse/ solidam sapientiam sustinere. (Chiunque qui vede i segni della Sapienza d’Egitto scolpiti sull’obelisco, sorretto dall’elefante, la più forte delle bestie, intenda questo come prova che è necessaria una mente robusta per sostenere una solida sapienza).
Chissà se avremmo la fortuna di trovare la forza della intelligenza per mantenere in vita il nostro archivio, con fatica e operosità per gettare uno sguardo curioso su alcune delle sue carte. Da questo dipende soprattutto la sua conservazione e il suo futuro, le altre cose verrano in seguito.
Grazie per il bello uovo di Pasqua !
Meraviglioso lavoro. Grazie