Catalogato il Fondo Diplomatico


unitoL’Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana accoglie un piccolo fondo di documenti riconducibili in buona sostanza al campo di studi della diplomatica. Il fondo, denominato appunto Diplomatico, mancava finora di uno studio organico: si è lavorato perciò ad una prima e sommaria catalogazione dei documenti, volta a metterne in luce gli essentialia e i principali elementi di descrizione esterna, senza però procedere a una vera e propria analisi diplomatistica dei pezzi.

I dati così ottenuti sono stati riversati in Manus on line per un totale di 55 occorrenze (link di accesso al fondo). La lieve ‘forzatura’ del software, adoperato principalmente per la catalogazione di codici, è stata funzionale alle esigenze dell’Archivio: il fondo Diplomatico è ora fruibile accanto agli altri fondi già presenti sul portale, per un quadro più completo del patrimonio conservato dall’ente.

Preliminare alla catalogazione è stata l’attribuzione di una segnatura ai documenti, dei quali già ad un primo spoglio è stato possibile evidenziare l’estrema varietà: le prime 38 occorrenze (Diplomatico 1-33) riguardano documenti che ad una prima analisi (ancorché superficiale) appaiono originali, ordinati in progressione cronologica per un periodo complessivo che va dal 1404 al 1876. Le ultime 17 occorrenze (Diplomatico 34a-42) sono relative a copie, trascrizioni e riassunti di documenti originali, nonché a libelli contenenti il conferimento di titoli e diplomi di dottorato. Si è deciso di accomunare sotto un’unica segnatura i documenti caratterizzati da particolari affinità tematiche (come i diplomi di dottorato emessi dall’Università Gregoriana tra fine ‘800 e inizio ‘900, cfr. Diplomatico 41a-41f) e quelli appartenenti ad uno stesso iter documentario (cfr. ad esempio Diplomatico 17a-17c). Il criterio cronologico è stato reputato l’unico valido, a fronte dell’eterogeneità del materiale conservato, per forma, funzione, composizione materiale: sono presenti documenti pubblici e privati, laici ed ecclesiastici, cartacei e membranacei, più o meno decorati. In molti casi non ci sono tracce che aiutino a spiegare perché i pezzi siano conservati nell’Archivio (esclusi i diplomi di dottorato e un paio di documenti, la documentazione non riguarda direttamente la Societas Iesu), ma per un discreto numero di essi si dispone di brevi regesti approntati dal padre gesuita Paulius Rabikauskas (1920-1998), docente di diplomatica presso l’Università Gregoriana. L’ipotesi più probabile è che questo materiale sia stato adoperato come supporto alle lezioni dei docenti di diplomatica di questa università, e sia quindi confluito (come molto altro materiale accademico) nell’Archivio.

Benché non sembri esserci un nesso tra i vari elementi del fondo, si possono isolare alcuni nuclei di documenti che denunciano quantomeno una comune provenienza (è il caso dei pezzi relativi al comune foggiano di Accadia, e in particolare alla congregazione di S. Vito martire che vi ha sede: cfr. Diplomatico 23, 25, 28, 39), oltre ai già citati casi di iter documentari resi in tutto o in parte nelle pergamene conservate.  La cancelleria pontificia è la più rappresentata: si hanno in particolare diverse litterae gratiosae, la cui bolla plumbea con filo serico è conservata quasi sempre, e in cui è possibile seguire l’evoluzione della littera sancti petri (o ‘bollatica’) da esempi secenteschi fino al più alto livello di astrazione nel pieno XIX secolo (cfr. Diplomatico 17a, 30): le difficoltà di lettura connesse a questa scrittura hanno costituito il principale ostacolo nell’individuazione degli essentialia dei documenti.

Dal punto di vista materiale, il fondo si presenta in un discreto stato di conservazione, pur non avendo mai subito interventi di restauro. Le pergamene, quasi tutte ripiegate, sono di qualità variabile, ma nessuna di esse pare aver subito danneggiamenti di alcun genere; mentre i documenti cartacei hanno risentito maggiormente dell’azione del tempo. Quanto ai sigilli, quelli cerei (in capsa) solo di rado sono conservati integralmente, mentre tra le bolle pontificie sono stati riscontrati alcuni casi di ‘cancro del piombo’, seppure a uno stadio iniziale. Per favorire una migliore conservazione dell’intero fondo, si è provveduto– quando possibile – a ricollocare i pezzi all’interno di nuove buste.

Come accennato in apertura, si è privilegiata una ricognizione degli aspetti generali del fondo,con l’intenzione di mettere in luce questo piccolo tesoro documentario finora poco noto. Le schede approntate mirano dunque a fornire solo una prima idea del materiale conservato, in attesa di studi più approfonditi.

Ruben Celani – Vera Frantellizzi (Tirocinio 2016 – Corso di laurea magistrale in archivistica e biblioteconomia, Università Sapienza)

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