Per Norbert Elias, il mondo delle regole indica un passaggio epocale da una società cavalleresco cortese a un organizzazione assolutistico curiale propria dei secoli XVI e XVII. Le regole fanno parte di quel complesso processo che si atta partire dal XI e XII secolo nel quale i cavalieri medievali perdono autonomia militare ed economica e una parte di essi si indirizza verso la curializzazione. La violenza, che non sparisce, si trasforma. La spada non avrà più un ruolo centrale nella risoluzione dei conflitti ma sarà decisivo saper usare o trattenere la parola nelle lotte che si faranno nelle corti attraverso gli intrighi e le alleanze.

La corte era la matrice, lo specchio della società così come lo sarà la città per noi. La società di corte era l’ambiente delle nuove opportunità economiche e di prestigio. Il mondo delle regole aiutava, inoltre, a stabilire processi di differenziazione con la massa dei borghesi e con gli strati ancora più bassi della scala gerarchica. L’equilibrio gerarchico all’interno della società di corte era molto labile. In questo senso saranno decisive le capacità di riflessione, di osservazione, di previsione, di dominio di sé, di controllo dell’emotività. Non si dovrà perdere facilmente la pazienza con chi è in ascesa né dimostrare eccessiva familiarità con chi discende nella borsa di valori del prestigio sociale. Il cerimoniale era il modo con cui ognuno poteva trovare una posizione adeguata e allo stesso tempo la sua inosservanza era il modo più sicuro per perdere il posto.
Le regole erano funzionali all’incertezza di un sistema che di volta in volta diventava più complesso è imprevedibile. Se, da una parte, le norme nascevano per semplificare la vita allo stesso tempo facevano emergere nuove complicazioni. In modo inesorabile ogni riduzione di complessità implicherà anche un ulteriore aumento. Secondo Jean de La Bruyère (1645-1696): Un uomo che conosce la Corte è padrone dei suoi gesti, dei suoi occhi e della sua espressione; è profondo e impenetrabile; dissimula le sue cattive intenzioni, sorride ai suoi nemici, reprime il suo stato d’animo, occulta le sue passioni, smentisce al suo cuore e agisce contro i propri sentimenti. Questa impenetrabilità aumenterà ancora la incertezza nel processo comunicativo.
Le regole aprono nuove strade alla violenza e alla vendetta. Louis de Rouvroy, duca di Saint-Simon racconta, nelle sue memorie (1718), come ha vissuto la sconfitta dei suoi nemici nel Parlamento di Parigi: […] giravo delicatamente i miei occhi da ogni parte, e anche se li trattenevo con costanza, non ho potuto resistere alla tentazione di vendicarmi con il presidente. L’ho messo a disaggio cento volte durante la sessione con sguardi insistenti e prolungati. L’insulto, il disprezzo, lo sdegno, il trionfo che gli lanciavo con le mie occhiate gli arrivavano fino al midollo. Spesso abbassava il suo sguardo quando si incrociava con il mio; una o due volte fissò il suo sguardo su di me, ma io l’offendevo con sorrisi velati, però irosi, che finirono per turbarlo. Mi immergevo nella sua rabbia e godevo di farglielo sentire. Questi sguardi regolati per diventare frecce acuminate potrebbero trovare il loro contrappasso nelle Regole della Modestia (1555) di Ignazio di Loyola: Si tengano gli occhi comunemente bassi senza troppo alzarli o girarli in questa o in quella parte e parlando specialmente con persone di qualche autorità, non le si guardino fisse nel volto, ma piuttosto sotto il viso.
I precetti dicono all’antico cavaliere che non è più libero, né signore assoluto del suo castello, né della vita e della morte dei suoi sudditi. Adesso è cortigiano e gli si esige un grande autocontrollo è disciplina per integrarsi nella società di corte. Nella corte si sviluppano una serie di tecniche «virtuose» di autocontrollo e autodisciplina degli impulsi spontanei.
La regola cerca di controllare le aspettative: si se dice una tale cosa si può aspettare una determinata risposta. L’insieme delle regole cercherà di circoscrivere e contenere l’aumento crescente della contingenza, aiuteranno a controllare il futuro in un tempo che comincia ad accelerarsi. Nella corte, vista la stretta interdipendenza dei suoi integranti, si doveva far fronte anche a una serie di aspettative riflessive (l’uno sa che anche l’altro sa che lui sa … ) così come si è visto nel testo di Saint-Simon. Dinanzi all’inevitabile delusione delle aspettative il sistema cercherà di evitare future frustrazioni con la creazione di nuove regole.
La Compagnia di Gesù è nata e si è sviluppata nella società di corte, non solo perché è stata presente con delle figure come quella del confessore regale, ma perché tutta la sua attività gravitava, come non poteva essere altrimenti, nella corte. Anche lei dovrà dotarsi di una quantità crescente di regole per gestire l’indeterminatezza epocale e per stare a corte anche se differenziandosi degli altri integranti. Con questo post vogliamo aprire uno spazio per dare conto di questo mondo di regole, e della sua evoluzione, presente nell’Archivio: dalle primissime dell’antica Compagnia a quelle che si creano durante il XIX e XX secolo. Questo materiale potrebbe essere di utilità per coloro che fossero interessati a studiare i processi evolutivi all’interno del “mondo” gesuitico.
ho apprezzato molto l’intervento: idee e spunti da utilizzare per riflettere sull’esigenza di regole per il mondo contemporaneo, per gli archivi digitali e la complessità dei nostri sistemi documentari
“Questo materiale potrebbe essere di utilità per coloro che fossero interessati a studiare i processi evolutivi all’interno del “mondo” gesuitico.”
E non solo direi, visto che il “mondo” gesuitico ha permeato di sé, formandola, gran parte della classe dirigente dei secoli XVII e XVIII.
Complimenti, confidando che il tema venga ulteriormente sviluppato
Carlo Federici
Grazie per l’invio dell’articolo che trovo molto interessante. Forse la storia del mondo moderno andrà riscritta, in effetti A. Paris
Il giorno 27 febbraio 2018 10:32, Archives of Pontifical Gregorian