Cinque dottorandi della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della PUG hanno realizzato nel mese di febbraio un breve tirocinio nell’Archivio. L’esperienza è stata anche significativa per cercare d’integrare l’ingente patrimonio documentario dell’APUG nel loro iter accademico. Per chi fosse interessato è disponibile la trascrizione integrale del documento e la corrispettiva digitalizzazione.
L’attività di tirocinio nell’Archivio della Pontificia Università Gregoriana, prevista di trenta ore, è stata caratterizzata da un lavoro di trascrizione di un documento, presente nell’archivio stesso, da porsi cronologicamente tra la fine del XVI e l’inizio del XVII, che reca il titolo De doctrina Bellarmini observata a Lessio di circa cinquanta pagine. La trascrizione è stata preceduta da diversi incontri relativi ai problemi che pone l’archiviazione e il riconoscimento del susseguente suo valore storico. Ci si è innanzitutto soffermati sulla modalità attraverso la quale avviene la fotoriproduzione dei documenti e sull’importanza, per l’archivio, di attuarla e di non delegarla solo agli utenti. E questo perché l’archivio incorrerebbe nel grave errore di non avere a sua disposizione la digitalizzazione dei documenti stessi; diventerebbe, sempre l’archivio, la struttura della ‘disponibilità delle carte’, per non dire deposito, e non, invece, il ‘luogo vitale’ della ricerca, dove lo studioso prende coscienza del legame che lo unisce allo ‘spazio’ della sua indagine storica.
Ci è stata, inoltre, presentata la possibilità della condivisione dei risultati di digitalizzazione e trascrizione di un testo. Ponendosi il problema dell’adozione di uno standard che permetta una diffusione dei testi sul web in un formato leggibile da ogni sistema informatico esistente (machine readable form), si è scelto il programma standard internazionale per la trascrizione elettronica dei documenti: il linguaggio TEI (Text Encoding Iniziative).
Si è quindi passati alla trascrizione dello scritto, cercando in base alle ‘occorrenze’ nello scritto stesso, di definire delle regole comuni che potessero facilitarne la comprensione. Se, ad esempio, un segno di interpunzione era già presente nel testo, non poteva essere usato da noi per segnalare altre cose. Da qui la necessità di elaborare, nel corso del lavoro stesso, segni che potessero essere usati, da una parte, senza compromettere la lettura originale del testo, dall’altra, mostrando chiaramente il significato dell’intervento dei curatori. A tal fine, la redazione di una legenda iniziale si è mostrata irrinunciabile.
Terminata la trascrizione, restava da confrontarsi sull’importanza storica che potrebbe assumere, dal punto di vista del contenuto, un’argomentazione specifica di questo tipo, inserita all’interno del clima arroventato delle controversie bellarminiane di fine Cinquecento.
Il problema di fondo, in un secondo momento, era di capire se questo manoscritto potesse essere la base di un testo che, poi, sarebbe stato pubblicato, oppure se fosse stato semplicemente un appunto da parte dello scrivente. L’indagine evidentemente non poteva trovare conclusione alla fine di un tirocinio di trenta ore; è rimasto, però, il percorso, le fasi preliminari che sono la base di partenza per qualsivoglia approccio alla indagine storica in archivio.
Mariano Signore, Li Jinhui, Jaume Soler Villegas, Mattia Tomasoni, Pascal Zonon e Sergio Jeair Pereira Fernández