La corrispondenza di Athanasius Kircher


Le lettere di Athanasius Kircher non sono Athanasius Kircher, furono scritte da lui e sono queste che conserviamo in archivio, e non è poco.

Nel Museo kircheriano sono inoltre contenuti dodici tomi in folio di lettere indirizzate a lui, raccolte anno per anno da quarant’anni, che non solo pontefici, imperatori, cardinali e principi dell’Impero, ma anche eruditi filosofi, matematici, fisiologi di tutto il mondo gli mandarono in varie lingue, ora a titolo d’onore, ora come ad un oracolo, a proposito di problemi assai ardui proposti nell’ambito di ogni disciplina: i più ritennero che non fosse disprezzabile il tesoro di argomenti contenuti in esso, e così insistettero che fossero date alla luce almeno le lettere di maggior importanza; tuttavia, data l’abituale modestia dell’Autore, non hanno finora potuto ottenere nulla.”

De Sepi, G. Musei Romani Collegii Societatis Iesu (1678). Traduzione di Eugenio Lo Sardo.

“La storia si fa con i documenti”. È questa una massima che sembrerebbe accomunare tutti i ricercatori, perfino quelli che scindono il lavorio dello storico tra teoria e pratica o anche quelli che pretenderebbero, nel momento di accedere all’archivio, di lasciare nell’armadietto dell’ingresso, insieme al soprabito, ogni pre-giudizio. È vero, la storia si fa con i documenti e non con i morti che non possono parlare, tanto meno difendersi da ciò che diciamo sul loro conto. Come ci ha insegnato Michel de Certeau tutto ha inizio con il gesto di mettere da parte. Gesto che costituisce in “documenti” alcuni oggetti che in passato avevano altre significazioni e altri usi. Ecco la nascita dell’archivio, luogo della conservazione sì, ma soprattutto della selezione, dello scarto e per tanto dell’oblio.  Così attraverso la trascrizione o la fotografia i documenti sono prodotti, isolati da un insieme e ora costituiscono un nuovo “corpus” documentario, così nasce la collezione. Questa trasformazione di segni aperti a trattamenti specifici non è solo causata da uno sguardo nuovo ma richiede anche un’operazione tecnica.

Il progetto che intraprendiamo riguardo l’opera di Athanasius Kircher intende considerarla non come una produzione personale e tantomeno come la via di accesso a un individuo, ma in quanto produzione contestualizzata, cioè sistemica, di una documentazione. Si tratta di osservare osservazioni, di vedere il punto cieco a partire dal quale si realizzavano le distinzioni, infine di conoscere i rapporti che quella società stabilì tra il regime del reale e il regime di ciò che era comunicabile.

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La puntata completa di RaiStoria del 31/10/2016: “Athanasius Kircher, l’uomo che sapeva tutto” 

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