Mi è sempre sembrato che per un uomo cristiano questo modo di parlare sia pieno d’indiscrezione e d’irriverenza: «Dio non può morire, Dio non può contraddirsi, Dio non può fare questo o quello». Non trovo ben fatto rinchiudere così la potenza divina sotto le leggi della nostra parola. E l’evidenza che si offre a noi in queste proposizioni, bisognerebbe rappresentarla con maggior reverenza e religione. Il nostro linguaggio ha le sue debolezze e i suoi difetti, come tutto il resto. La maggior parte delle cause degli sconvolgimenti del mondo sono grammaticali.
Michel de Montaigne, Apologia di Raymond Sebond, Essais, Libro II, cap. XII.
Il codice Fondo Curia 1000, dato il suo stato di conservazione, non poteva essere né consultato, né tantomeno digitalizzato. Per più di cinquanta anni è stato sottratto a qualsiasi tipo di ricerca. Alcune delle sue parti, sono state utilizzate in alcuni volumi dei Monumenta Historica. Il suo degrado chimico-fisico ha accelerato il processo di distruzione al quale ogni materia è destinata. Grazie a una generosa donazione è stato possibile pianificare e realizzare un progetto di diagnostica e restauro nel nostro laboratorio.
Il prossimo 27 maggio abbiamo organizzato una giornata di studio per considerare la complessità di questo oggetto che ci arriva dal passato. (https://bit.ly/41MFIOd)
Questo codice è il risultato di una osservazione del mondo secondo una cifra, o grammatica, che ne prospettava un acceso alla realtà in sé. La descrizione di un tale sistema concettuale può aiutare a capire le differenze con il nostro modo di costruire il mondo a partire da certe distinzioni. Stabilire queste differenze implica un doppio guadagno conoscitivo: da una parte, ci metterà sulla buona strada per comprendere meglio l’oggetto in questione e, dall’altra, potremmo descrivere in modo adeguato le nostre cornici concettuali.
Notre parler a ses faiblesses et ses défauts, comme tout le reste. La plupart des occasions des troubles du monde sont Grammairiennes. Questa sentenza di Michel Eyquem de Montaigne, riguardo i limiti del dire teologico, la potremmo applicare alla nostra impossibilità di fare una descrizione totale del mondo. Se assumiamo che non possiamo conoscere il mondo nella sua condizione ontologica possiamo ammettere la possibilità di conoscerlo nella sua condizione sistemica. Vale a dire, abbiamo modo di conoscere i sistemi che creiamo per osservare la realtà.
Il restauro di questo codice ci ha dato la possibilità di considerarlo come rovina. La sua sopravvivenza in quanto tale ci permette di prendere in esame la temporalità in cui è stato prodotto ed eventualmente riflettere sulla nostra percezione del tempo. Ovvero sia, considerare la temporalizzazione del tempo.
ll codice F.C. 1000 proviene da un altro tempo. La sua osservazione è diventata per noi altamente complessa e il suo contenuto resiste ad appropriazioni ingenue e veloci. Questo volume storicamente può essere collocato nel momento in cui l’ordine gesuitico realizzava un passaggio da un governo principalmente centrato nelle persone dei primi fondatori, caratterizzato da un sistema di interazione ripetuto e regolare, a un governo in cui la comunicazione scritta prendeva il sopravvento.
Il veloce aumento demografico dell’Ordine e la stampa contribuiranno a valorizzare la scrittura come mezzo di diffusione adatto alla costituzione della memoria sociale. La scrittura della propria storia, la confezione di esaustivi regolamenti, insieme ad esortazioni e lettere dei superiori generali, volevano ricondurre la molteplicità degli eventi a una memoria comune e a partire da essa poter coordinarli e interpretarli. Era questo un modo per assorbire l’incalzare degli eventi, per creare ridondanza ed evitare così la loro dimensione sorprendente. Grazie a questa produzione, favorita dalla tecnologia della stampa, si da inizio a quello che P. Bernardo de Angelis (1561-1623), Segretarius Societatis dal 1599, denominò l’ administratio spiritualis dell’Ordine.
Un numero sempre crescente di comunicazioni manoscritte, confluiranno nella stampa cercando una stabilità maggiore e la possibilità di raggiungere i gesuiti ormai dispersi nel mondo allora conosciuto. Questo passaggio dal manoscritto alla stampa voleva anche riscattare una serie di fonti che già allora cominciavano a marcire nell’oblio. Una delle prime edizioni a stampa delle Lettere dei padri generali (1597) da conto del degrado materiale (in membranis scripta delitescunt) di molte di queste disposizioni. Se la stampa assicurò una maggiore diffusione della comunicazione allo stesso tempo il testo scritto, così ampiamente diffuso, fu l’occasione di una maggiore incertezza riguardo la sua interpretazione e ricezione. Questo codice si colloca in questi passaggi epocali.
Tutti i codici che oggi si raccolgono nell’archivio, anche quelli in ottimo stato di conservazione possono essere osservati come rovina, vale a dire rappresentano “ciò che resta”. Né il lavoro del restauratore né tantomeno quello dello storico potranno mai ridare l’integrità dell’originale. Nel migliore dei casi sarà possibile cercare di dar conto di ciò che si riceve nella cornice della propria temporalità. Considerare un oggetto che proviene dal passato è un’azione che si fa sempre a partire da un determinato presente.
Con questa consapevolezza possiamo interrogarci che cosa una determinata società riteneva fosse duraturo e cosa fosse perituro o provvisorio. Utilizzando una distinzione di Marc Augé, è possibile chiedersi cosa era una rovina nel XVI secolo e cosa lo è per noi; cosa loro consideravano come macerie o scarti e cosa ne intendiamo noi. L’antica pergamena medievale che ricopre il codice F.C. 1000 considerata allora uno scarto appare ai nostri occhi come resto nobile da conservare.
Se le fasi del restauro materiale del codice, che hanno fornito una importante quantità di dati, sono finite, adesso si apre una fase nondimeno fondamentale: la comprensione di questo testimone del passato. Per iniziare questa ricerca ci disponiamo a ricostruire una semantica che non ci appartiene più aldilà di apparenti concordanze e ingannevoli analogie.
Caro Martin ! Crudele non essere a Roma !!! Buona giornata ….